Forse non avrei dovuto lasciare il Brasile. È vero, forse ero un po’ sola, da sette anni senza padre e con mia madre in Italia. Però cercavo di cavarmela, tra l’angoscia per un futuro incerto e le giornate splendide e interminabili, trascorse sulle spiagge di Salvador de Bahia a ridere e scherzare sotto il sole con gli amici, come capita a noi ragazzi di 19 anni.
Una volta ho scritto una poesia: “Le nostre strade sono sconnesse/ i nostri figli ridotti in schiavitù / I nostri cuori senza amore/ Ho paura di restare”. Non ricordo bene…forse pensavo a noi giovani, all’inquietudine che deriva dal dover far parte di un mondo in cui non ti ritrovi, in cui tutto sembra andare a rotoli e “i grandi” non ti ritengono ancora in grado di poter prendere decisioni per il tuo bene. Però loro, i grandi, possono decidere di bruciare l’Amazzonia, per il tuo bene. Pensieri cupi, come capita a noi ragazzi di 19 anni.
Alla fine mi sono convinta, o mi hanno convinto. Ho raggiunto mia madre in Italia. Come è strano qui! Tutto è diverso. Dovrò rifarmi le amicizie, ma non è facile ricominciare. Certo, qualcuno dirà: “a 19 anni cosa vuoi che sia? Sei ancora giovane!” Certo, sono giovane, ma dentro sento qualcosa…un dolore, come una pietra enorme che a volte mi impedisce anche di respirare. Ma anche questo capita a noi ragazzi di 19 anni.
Le cose non vanno per niente bene. Sto perdendo il controllo. Tutto si fa terribilmente difficile. Sento le sirene, arrivano i dottori, mi danno farmaci.
13 agosto, ore 10.00. Sono legata in un letto di ospedale. Da sola. Tutto intorno….buio.
Questo NON capita, e non dovrebbe capitare MAI…a noi ragazzi di 19 anni.
Racconto autobiografico liberamente ispirato alla storia di Elena Casetto, morta tra le fiamme, a soli 19 anni, legata ad un letto nel Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Italia, anno 2019.